Una volta è abbastanza, Giulia Ciarapica, Rizzoli

Una volta è abbastanza, o così dicono

Una volta è abbastanza, se si vive pienamente. Se ogni giorno è una sfida per arrivare al domani. Una volta è abbastanza sono parole applicabili alla piena soddisfazione e al disgusto più sincero.

Una volta è abbastanza (click) è anche il titolo del romanzo di Giulia Ciarapica, edito Rizzoli. Ho conosciuto Giulia a Più libri Più liberi, distrattamente, era uno di quegli eventi dove stringi la mano a tutti e non ricordi nessuno. Poi l’ho riscoperta al buffet d’autori di #mordilalettura, a fine maggio, e quel che ho visto è stato abbastanza, nel senso bello del termine.

Giulia ha radici forti, una storia familiare che la struttura solida nel terreno, come un albero. Una volta è abbastanza è in parte la storia di questo albero, di come parte dalla terra per puntare verso il cielo.

Una volta è abbastanza parla di Annetta e Giuliana, due sorelle capaci di sprigionare forza in modo diverso. Annetta è libera, morde il destino, lo sputa, se lo crea. Giuliana rimesta quello che le è toccato in sorte, lo modella e parte da quel che ha. Sintesi delle due visioni è Valentino, dalla voglia di rimanere impresso nella storia.

Lo sfondo è quello di Casette d’Ete, nelle Marche. Ora, non so se lo sapete ma una delle fonti della ricchezza marchigiana è la scarpa, e nel romanzo anche di scarpe si parla. La storia copre i primi quindici anni del Dopoguerra, e ognuno dei protagonisti decide da dove partire per costruire il proprio benessere. Mi piace tutto questo parlare di calzature, la prima immagine evocata dal desiderio di lasciare il segno, solitamente, è proprio un’impronta. La scarpa buona che perdura nel tempo e ti porta lontano, a volte portandoti lungo percorsi che non immaginavi.

Un po’, questo percorso strano è quello destinato al trio dominante di Una volta è abbastanza. Sicuramente strana è la strada di Valentino, che innamorato di Annetta si ritrova poi a provare sentimenti forti per Giuliana. Le due sorelle, separate e poi riunite, devono imparare a ricucire il loro rapporto proprio come un mastro calzolaio: ci vuole mastice, tra Giuliana che fa da suola, da base a contatto con la terra, e Annetta, la copertura, quella che può essere stravagante, estrosa, che attira l’occhio del cliente nella vetrina.

Attorno a Giuliana e Annetta ruotano una serie di personaggi che non ho cuore di definire minori, perché ognuno trova la propria dimensione all’interno del romanzo. Per un motivo o per un altro, questi personaggi fanno da contraltare alle due ragazze, quasi da ancore, non trovando la loro dimensione nel mondo che cambia, nella vita che impone dure sfide. In un tempo che muta rimanere fermi è pericoloso, e gli avvenimenti che coinvolgono le due sorelle sembrano quasi trovare nella fermezza altrui un trampolino da cui lanciarsi.

Ora, io lo so che voi siete qui per mangiare.
Una volta è abbastanza ben si presta alla cucina letteraria ma non perché le Marche siano la patria del fritto, e potendo friggerei anche le sedie. Si presta perché è una saga familiare che concilia la dolcezza di un muffin a quel retrogusto amaro dell’estratto di vaniglia, quand’è troppo. Non ho dosato nulla perché è evidente, l’autrice non si è dosata ma ha dato, ha dato tutto. Il piatto è nudo perché nudi sono i suoi personaggi, in ogni contraddizione e ogni speranza per il futuro.

Avete mai leccato la ciotola dell’impasto, prima di infornare? Ecco, è un po’ come Casette d’Ete e i suoi abitanti, un gusto acerbo e in fieri. Non si vede l’ora che passino quei venti minuti nel forno perché vuoi capire come muta il sapore dopo, a dolce finito. Vuoi sapere se la vaniglia si sarà pulita, amalgamata alle uova e alla farina, se è vero che la punta di sale esalta gli altri sapori. Insomma, un dolce in forno non è diverso da un albero o una scarpa: vuoi vedere quanto in là può arrivare, una volta cresciuto.

Ebbene, questa soddisfazione non ve la do.
O meglio, dopo un’attenta riflessione sul postare o meno il prodotto finito, ho deciso di restituire a Giulia il suo finale in medias res, sperando di averle dato un piatto che parli una volta, ma abbastanza.

 

quel ridente posto che è Ascoli Piceno 
voglio raccontarvi, qui, della mia coinquilina storica.
Lei raccoglie tutta l’eredità marchigiana, la forza, la vitalità e l’amore per la buona tavola che ho potuto apprezzare nella regione e nella sua famiglia. Costei, compagna di mille avventue e punto di riferimento, incarna pienamente lo spirito combattivo e forte della sua terra. Parte dalla famiglia e alla famiglia ritorna, è una gran lavoratrice, una condottiera.
Di lei amo particolarmente sua nonna, voce narrante di Una volta è abbastanza nella mia testa.

Nonna Chiara è stata capace di farmi fare le olive all’ascolana, ben trecento. L’unica nonna che ha sfidato un universo di Blablacar fino a Bologna con un tritacarne e le olive nella borsa.
E niente, tutto questo mi manca in modo terribile. Ma so che li riabbraccerò presto, perché a breve questa bellissima famiglia acquisita si allargherà, e a loro dedico questa mia lettura.

 

E se come me amate le famiglie, ecco una storia che parla di altre persone speciali, qui!

 

Una volta è abbastanza, Giulia Ciarapica, Rizzoli.
Recensione #readEat – libri da mangiare

Editor freelance, lettrice compulsiva, mangiona impenitente. Tra un refuso e una briciola recensisco libri e lavoro con gli autori accanto alle loro storie.

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